mercoledì 16 novembre 2016

TILAK E LA RISCOPERTA DELL'ANTICO CALENDARIO VEDICO- II

 (continua)


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anteriore al primo, ma ciò è smentito dalla serie delle 'Genealogie' divine.  Dal momento che il Gigante Orione è chiaramente legato allo Zodiaco lunare, come gli studi di Tilak hanno apertamente dimostrato (75); segue tuttavia nel predominio mitico quello di Zeus, signore dei 12 Dei della Pioggia, latori delle influenze zodiacali solari.  Il passaggio di Orione al P.V., all'incirca attorno al 4.480 a.C. (76), segna l'inizio dell'Età del Ferro; mentre l'Età del Bronzo è caratterizzata dal culto dello Zodiaco Solare, prima a 8 Segni, poi a 12 Segni (77).
        Un altro errore è quello di giudicare i due diversi calendari quale frutto di etnoculture differenziate, non in senso umano generale ossia paletnologico (il che sarebbe persino giusto), bensí in rapporto a diversi ceppi di popolazione.  Cosa che sconfina col razzismo.  Per la verità Parpola non commette il secondo errore, attribuendo infatti il calendario lunare alla civiltà vallinda (78) e nel contempo riconosce che la cultura vedica s’era appropriata di codesto sapere (79).  Il problema relativo al fatto se quest’ultima già conoscesse un calendario lunare, suo proprio, è indissolubilmente legato a quello della data di arrivo nel Deccan di detta cultura.  Da parte nostra riteniamo di sí, ovvero che due calendari similari si siano sovrapposti.  Riguardo invece la presenza del calendaro solare siamo dell’opinione che questo fosse assai piú antico e già ritualmente inattuale.  Ecco la ragione per cui non compare se non in pochi versi del Rgveda e, per analogo motivo, nei reperti dell’antica Valle dell’Indo.  Ma ve n’è traccia in certi sigilli, di foggia indiana, rinvenuti in Mesopotamia.  Ove palesemente si nota il Sole, che qualcuno scambia per una mangiatoia (sic!), il Toro e lo Scorpione accanto all’Albero della Vita (80); i 2 Segni all’epoca emblematizzavano l’asse equinoziale primaverile-autunnale, cioè le due metà del Cielo, cui presiedevano a vicenda (Toro > Vita, Scorpione > Morte) in riferimento ai cambiamenti naturali annuali.  Insomma, i due ayana, per dirla all’indiana.
        Nella tradizione hindu lo Zodiaco (Rāśicakra) è un attributo iconografico del Kṛṇāvatāra (81), o meglio della figura a lui annessa del Sudarśana-cakra, che è una variante del dio Viu; il che significa che è stato scoperto – od inventato (82), se si vuole – a quell’epoca (10.960-4.480 a.C.).  Almeno, lo Zodiaco a 12 Segni; quello a 8, naturalmente, risale allo yuga precedente (17.440-10.960 a.C.)(83).  Mentre il calendario lunare è tipicamente kaliyugico, visto che comincia col dominio di Orione (84); quantunque la presenza di tale costellazione al P.V. preceda, in realtà, l'inizio del Kaliyuga.



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10.  La tesi del Parpola




      Secondo Parpola il culto dei Pianeti occupa una posizione preminente nella vita religiosa indiana attuale.  Nell’India Meridionale ci sarebbero tempietti dedicati ai Navagraha i tutti i templi shivaiti, con particolare venerazione per Saturno, ma ogni singolo graha riceverebbe particolare attenzione in un dato giorno della settimana od in certi momenti speciali.  L’autore fa risalire le prime rappresentazioni monumentali di planetari dell’India Settentrionale al Periodo Gupta (V sec. d.C.), con diffusione posteriore (VIII sec.) nell’India Centrale ed Occidentale, spintasi tardivamente (XI sec.) fino all’India Meridionale.  Cosa che corrisponde alle descrizioni iconografiche di determinati Purāṇa (Agni, Viudharmottara), le parti piú antiche dei quali risalirebbero infatti al VI-VII sec.  I 9 Pianeti comprendono, ovviamente, anche i 2 Nodi Lunari.  Ma di certo non si può pensare che la conoscenza planetaria sia posteriore alla rappresentazione, quindi se le date riportate sono valide ciò significa che la codificazione nei testi segue ad una trasmissione orale.  Dato che il culto planetario risale ad epoca titanica, è evidente che questa trasmissione orale debba risalire molto addietro nel tempo, secondo il nostro modesto parere all’epoca di Rāma-candra (lett. ‘Rama della Luna’, ossia il Rama della Dinastia Lunare, che crediamo abbia a che fare colla Stirpe Eroica); il quale equivale comparativamente nella tradizione biblica al secondo Lamek, il discendente di Seth e padre di Noāh (85).  Mentre Seth corrisponde al vedico Savitar, avente secondo Kerbaker (86) un doppione nel Sāturnus latino (var.Saviturnus).  Questo nome pare legato visibilmente alla scoperta del Settimo Pianeta, appunto Saturno, che nell’ordine planetario antico geocentrico opponevasi al Sole.  Successivamente i Pianeti sono diventati 9, comprendendo appunto i 2 Nodi.  Ciò è da riportare all’epoca in cui è nato lo Zodiaco a 8 Segni, 9 comprendendo il primo dell’anno a venire; come poi è successo coi 12 Segni, rispetto ai quali il 13° costituisce il rinnovo annuale del Sole.  Giacché sono sempre i Soli archetipali che vanno considerati in primo luogo, non i Pianeti o le Costellazioni che ne stabiliscono semplicemente le stazioni calendariali.  Il simbolismo solare implica, sia nel caso dei pianeti che delle Costellazioni, che il Sole è unico, al di là dei suoi aspetti settenari, novenari o duodenari e questo ha un profondo significato ontologico.  Tant’è che in linguaggi primordiali quale il cinese la parola ‘Sole’ (Hi) è sinonimo del numero 1 (87).  Quindi non ha senso andare a cercare le citazioni nei testi vari per dimostrare che i Pianeti erano di numero diverso in varie epoche, a meno di riferirsi ad epoche assai remote, prima dell’avvento di Savitar/ Rāmacandra (Šēt/ Lemek).In altre parole, antecedenti al VII Ciclo Avatarico, il Ciclo per l’appunto di Rama della Luna.  Il fatto che i Pianeti siano citati nei Veda e nel Mahābhārata prova che già nel Dvāparayuga erano noti, poiché è a quell’epoca che secondo la tradizione tali testi sacri risalgono.  Ma anche sul piano iconografico si trovano raffigurazioni dei Pianeti e delle Costellazioni già in Epoca Mesolitica e Neolitica in India ed altrove ed è probabile che incisioni su roccia, intagli in osso, avorio, legno od altro materiale deperibile abbiano preceduto quelle monumentali su pietra.



continua

Note

(1)    Cfr. Wikipedia, l'enciclopedia libera, s.v.:Astrologia babilonese.
(2)   Quel che Greci e Romani attribuivano ai Caldei, invero degli astrologi prima ancora che degli astronomi.
(3)   R.Girard, La Bibbia Maya: storia culturale di un popolo- Jaca Book, Milano 1979; ed.fr. Le Popol Vuh. Histoire culturelle des Maya-quichés- Payot, Parigi 1972 (ed.or. 1954).  Si tratta della divulgazione di un'opera in 5 voll. (Id., Los Chortis ante el problema Maya. Historia de las cultura indigenas de América, desde su orien hasta hoy- Editores Mexicanos Unidos, Città del Messico 1949).
(4)  D'altronde i cicli si ritrovano di pari passo nella letteratura semitica ed in quella camitica. 
(5)   Bisognerebbe sostituire al termine improprio indo-europeo il termine biblico-tradizionale iafetico e ci accorgeremmo che è tutta la cultura d'origine noaica (atlantidea) a tramandarne l'idea.
(6)   G.Acerbi, Gli studi ottocenteschi dello Schlegel sull'uranografia cinese- Alle pendici del Monte Meru (blog, pross.)
(7)   In Italia è uscita una traduzione dell'Arché nel 1989, in francese, a cura del prof. J.Varenne; nonché una nostra versione italiana, direttamente dall'originale in inglese, 2 anni dopo (G.Acerbi, Orione. A proposito dell'Antichità dei Veda- Ecig, Genova 1991, pp. 1-263).
(8)    D.Pingree, Astronomy and Astrology in India and in Iran- Isis (Vol.94, P.II, N°176, giu. '63), Baltimora 1963, pp. 229-46. 
(9)    A.Aaboe, On the Babylonian Origin of Some Hipparchan Parameters- Centaurus, N°4, 1955-6, pp. 122-5 (cit. dall'aut., ma non consult.).
(10)  O.Neugebauer, The Trasmission of Planetary Theories un Ancient and Medieval Astronomy- Scr.Math., N°22, N.York 1956, pp. 165-92 (id.).
(11)  G.Thibaut, Astronomie, Astrologie und Mathematik- Grundiss der Indo-Arischen Philologie und Altertumskunde, Vol.3, N°9, Strasburgo 1899, pp. 7-9 (id.).
(12)  Segnatamente B.L.van der Waerden, ma si potrebbe menzionare parimenti Wesendock, da noi altrove criticato  per analoghe ragioni.
(13)  G.Schlegel, Uranographie Chinoise- Milano, So-wen 1977 (ed.or. E.J. Brill, Leida 1875), Pref., p.x.
(14)  Vide n.16. 
(15)  Per la Cina debbono venir considerate, allo scopo, le attestazioni dello Schlegel; ed il fatto inoltre che la cultura tantrica, propria del Kaliyuga (4480 a.C.-2000 d.C.) sia d'origine cinese (paleotaoista).  
(16)  Da qualche tempo si sono messe in evidenza (noi l'avevamo fatto fin dalla nostra tesi di laurea alla metà degli anni '80) le relazioni marittime durante il Periodo Pre-colombiano fra il Vecchio e il Nuovo Continente, sia a partire dall'Europa Occidentale che dall'Estremo Oriente.  Relazioni che rappresenterebbero un continuum rispetto all'Antichità, ossia dal tempo dei Greci e dei Romani, il che implicherebbe giocoforza connesiioni inverse. 
(17)  Per un opposto punto di vista, comunque ancora da delineare in toto, cfr. G.Acerbi, Kali, la dea-scorpione- Alle pendici del Monte Meru (blog, 8-11-14), §3, pp. 9-11
(18)  Dalla zona autronesiana, cosa che è accettata dallo stesso punto di vista accademico, sarebbe partita all'inicirca 40000 anni fa una corrente culturale che avrebbe prodotto in tempi anteriori i graffiti ed in tempi posteriori le culture megalitiche; gli uni gli altri sparsi un po' dovunque nel tragitto costiero che portò quelle lontane popolazioni fino alle sponde dell'Atlantico in temi imprecisabili.   
(19)  G.Acerbi, Kālacakra,ovvero la 'Ruota Cosmica'-  Univ. "Ca' Foscari (Fac. di Lingue e Lett.Stran., Sez.Orientale), Venezia 1985, 2 voll., passim.
(20)   L'India propriamente detta.
(21)   Pin., art.cit., p.130.
(22)   L.B.G. Tilak, Orione. A proposito dell'Antichità dei Veda- Ecig, Genova 1991 (ed.or. The Orion or Researches nto the Antiquity of the Vedas- Munshiram M., N.Delhi 1972), Cap.III, pp. 62-3.
(23)   La I edizione dell'opera (Shri J.S. Tilak, Poona) è infatti del 1893.
(24)   Til., op.cit., Cap.VI, pp. 183-4.  Abbiamo ivi menzionato il testo della nostra traduzione. 
(25)    Arco Ascendente e Discendente dell'Anno Sacro..
(26)   Ibid., p.184.
(27)   Lo Zero non era noto soltanto agl'indú.  Lo conosceva pure la Mesoamerica ed è proprio colà che se potrebbero rinvenire le vere origini ma se questa supposizione fosse giusta non si spiegherebbe come mai la cifra manca presso i popoli iafetici, semitici e camitici; mentre si trova in Estremo Oriente, ad es. in Cina.  Potrebbe essserci dunque stata una trasmissione diretta del concetto dalla Cina all'India oppure dall'Asia Centrale all'india.  La presenza in America si spiegherebbe, d'altra parte, come un prestito dell'Asia Nordorientale.
(28)   Una situazione analoga trovavasi nella cultura babilonese.
(29)   G.Acerbi, Metafisica dello Zero- Alle pendici del Monte Meru (blog, 3-11-14), sgg.
(30)   Pin., art.cit., p.221.
(31)   Ci riferiamo alla leggenda della Torre di Babele (Gen.- xi sgg).
(32)   Ciascuno dell'estensione di 13°20' dell'eclittica, o meglio del cerchio annuale di 360°. Vide Til., op.cit., Cap.III, p.63.
(33)  Ne abbiamo avuto testimonianza in proprio durante gli anni giovanili, nei quali facemmo un concorso di dottorato presso l’Università di Bologna e uno per Associati presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.
(34)  Un calendario lunisolare è un calendario lunare, in cui la durata media dell'anno lunare è uguale a un anno solare."  La definizione è tratta da Wikipedia, l’Enciclopedia on line, s.v.Calendario lunisolare.
(35)    O.Botto, Letterature antiche dell'India- F.Vallardi, Milano 1969, P.Pri., Cap.Ter., p.43; apud AA.VV., Storia delle letture d'Oriente.  Ad essa seguirà, tardivamente, una vera e propria letteratura scientifica di tipo astronomico ed astrologico (ibid., P.Qui., Cap.Qua,. pp. 325-9).
(37)     Pin., art.cit., p.231, n.20.
(38)     P.V.Kane, History of Dharmashastra (Vol.5, P.I, Poona 1958, p.62 ss).
(39)    Til., op.cit., Cap.VII, pp. 183-4L'autore non teneva tuttavia conto del fatto che la Matematica era d'origine astrologica.  Cfr. G.Acerbi, I numi erano numeri. Carattere matematico dell'antica astrologia e della conseguente teogonia- Alle pendici del Monte Meru (blog, 24-07-11).
(40)    Ibid. come alla 32.
(41)  Non dimentichiamo che i nostri numeri europei provengono dall'India, tramite mediazione araba, non dalla Sumeria.
(42)    L'dentificazione araba di Allah a Sirio non rientra negli schemi consueti delle genti semitiche, è piuttosto un'influenza camito-iafetica; se è vero che il prototipo taurino semitico per eccelenza, il dio-toro cananeo El, era identificato alla costellazione del Toro, ed il suo Unico Occhio ad Aldebaran.  Analoga interpretazione andrebbe fatta nei confronti del biblico Elohim, dall'accentuato carattere taurino luni-solare.
(43)   Fa eccezione, naturalmente, l'Egitto, ove non c'è mai sta un'invasione di genti indoeuropee; ma, tutt'al piú di 'popoli del mare'.  Cioè di re-pastori d'origine semitica (o hurrita secondo altri), i cd. Hyksos.
(44)     Il calendario con 28 astersmi lunari, checchè se ne dica, è un calendario maggiormente approssimativo dal punto di vista astronomico rispetto a quello con 27.  Infatti il primo corrisponde al tempo di rivoluzione siderea della Luna di 27 giorni, 7 ore e 43 primi; il secondo ad una media generica fra il tempo di rivoluzione siderea e quello di rivoluzione sinodica di 29 giorni, 12 ore, 44 primi e 3 secondi.  Quest'ultimo, naturalmente, è dovuto all'effetto della Terra.
(45)   Alludiamo, ovviamente, alle culture pre-indoeuropee (proto-elamita, paleo-dravidica, pale-oegizia e pelasgica).
(46)   Questa bislacca teoria deve essere stata infuenzata dalla lettura delle Βαβυλωνιακὰ di Beroso, o Berosso, vissuto secondo la tradizione all’epoca di Alessandro Magno.
(47)  Quelle nell’ambito delle quali non conosciamo niente in propsito è probabile fossero caratterizzate da tradizioni disperse, oppure non le conosciamo abbastanza.
(48)   R.Guénon, Some remarks on the doctrine of cosmic cycles- J.I.S.O.A. (lug.-dic. 1937), poi ripubblicato nella rivista É.T. l’anno dopo.
(49)   Pin., p.240.
(50)   Il riferimento è alla trad di E.West dei Pahlavi Texts, nella S.B.E., Vol.V, Oxford 1880, p.11.  Qualcuno (E.Albrile, com.or.) contesta tale attribuzione.  Il passo, in ogni caso, non fa alcun riferimento storico; si limita ad attribuirne la creazione, ovviamente, ad Auharmazd.
(51)    Ibid. come alla 49, p.241
(52)   Vide n.48.  L’articolo compare nella raccolta postuma R.Guénon, Forme tradizionali e cicli cosmici- Mediterranee, Roma 1974 (ed.or. Formes tradionnelles et cycles cosmiques- Gallimard, Parigi 1970), pp. 11-20.
(53)   A meno che tale data coincida con il Diluvio kaliyugico, che come i precedenti non avviene esattamente al momento della grande (settemplice) congiunzione, am come c'insegna Platone qualche millennio dopo.
(54)    Anche il calendario ebraico parte da una datazione successiva all’Epoca della <Torre di Babele>.  Infatti comincia nell’ottobre 3.760, il primo anno compiendosi nell’ottobre 3.761.  Tuttavia in questo caso trattasi di 720 anni, ossia esattamente 10° zodiacali successivi all’inizio dell’eone.
(55)  G.Acerbi, Introduzione al Ciclo Avatarico. Da Matsya a Kalki - Heliodromos, N°17 (P.Sec.), pp.20-1.
(56)  Facciamo notare che l’equivalente latino del norrenico Thor è Giove, come si deduce dal giorno settimanale a lui dedicato (Thursday = Giovedí), e Giove è il signore planetario che presiede alla legalità oltreché alla parola in senso religioso.  D’altra parte il suo martello Mjöllnir, immagine del Tuono non meno del Vajra indo-tibetano, essendo un emblema della Parola Divina è divenuto un allegorico trattato d’appoggio alla caccia alle streghe (il Malleus Maleficarum, 1486-9) presso la Santa Inquisizione ed il ‘Martello della Legge’ nel mondo giudiziario moderno.  Il Toro in iranico è Tōrā e Tōrāh in ebraico è la Legge, basata sulla tradizione biblica, ovvero la 'Bibbia' medesima.  La storia del culto del 'Vitello d'Oro tradisce questa verità, ossia che prima del culto dell'Agnello era in vigore quello del Vitello, esattamente come fra Paleo-dravidi, Proto-iranici, Proto-elamiti, Sumeri ed Egizi.
(57)  Una discussione sulla data effettiva del Kaliyuga l’abbiamo abbozzata in forma di commento (29-03-16) a D. Dal Bosco, Considerazioni sulla datazione del Kali Yuga-Algiza (on line), 2-03-16.  
(58)    A.Parpola, Deciphering the Indus Script- Cambridge Un.P., Cambridge 1994, passim.
(59)    Til., op.cit., Cap.III, p.66, n.1 (del T.).
(60)    Ibid., p.64.  Su codesta figura di astronomo vedi pure M.Sashithal, Varahamira: The Ancient Astrologer, Astronomer and Mathematician- The Free Press Journal, 3-10-15 (on line).
(62)    Scrive l’autore (ibid. come alla 60), citando la propria fonte (il Pañcasiddhāntikā) ma non il passo specifico pur riportando in nota (ib., p.84, n.3) il doppio verso in questione: “È ben noto che Varāhamihira al tempo del quale il punto vernale coincideva con la fine di Revatî… e il solstizio estivo era in Punarvasû, distintamente fa riferimento in due passi all’antica posizione dei solstizî registrata dagli scrittori che lo hanno preceduto.”  Ossia a metà di Aśleâ (16°20-30° del Cancro).  Il che denota come Tilak avesse ragione, pur non rendendosi conto a quale epoca andava attribuendo la figura storica del brahmano.  Quindi si dà il caso che, o sono esistiti due astrologi collo stesso nome a distanza di c.200 anni, oppure la collocazione storica ufficiale non coincide con quanto tramandato da Varāhamihira stesso.
(63)    Varāhamihira apparteneva socialmente alla sottocasta brahmanica dei Maga (Magi).
(64)    Forse è davvero questa la ragione onde tanto la cultura ebraica, quanto quella hindu o greca (cfr. Platone), non fanno coincidere l'inizio dei cicli con il vero inizio astrale. 
(65)     Pin., art.cit., pp. 243-4. 
(66)     Cit., pp. 244-5.
(67)     Le Triplicitates non possono essere d'origine iranica, come pretendeva l'autore, visto che le conoscevano fin gli Amerindi.
(68)   A meno che siano occorsi, nella fattispecie, fenomeni locali di rilievo.  Tipo la scomparsa della Sarasvatī, il fiume che all'incirca a quell'epoca ha mutato il suo corso, in parte seccando. 
(69)   Per una sensata analisi della dottrina degli Yuga ('Cicli') si prega immodestamente di consultare G.Acerbi, Introduzione al Ciclo Avatarico. Da Matsya a Kalki- Heliodromos (Prim.2000-Prim.2002), Catania 2000-2, 2 PP., pp. 15-24 e 13-28.
(70)    Lo dimostra il fatto che non citi un eminente studioso come Tilak, guardacaso boicottato in tutti gli ambienti universitari; eppure il N. si era rifatto al Warren, nel suo Arctic Home, ovvero al fondatore dell'università americana.
(71)       La teoria già era stata esposta precedentemente in A.Parpola, XXXXXX
(72)      A.Parpola, Deciphering the Indus Script- Cambridge U.P., Cambridge 1994, Cap.12, p.218/ col.a.
(73)      Parp., op.cit., Cap.11 sgg.
(74)     Cfr. G. de Santillana & H.von Dechend, Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo- Adelphi, Milano 1983 (ed.or. Hamlet's Mill. An essay on myth and the structure of time- Gambit, Boston 1969), App.xx, p.xxx
(75)     Tilak, op.cit., passim.
(76)     Non è esattamente cosí, poiché l’anno 4.480 rappresenta il passaggio del P.G. a 30° del Toro (= 0° dei Gemelli), mentre l’asterismo di Orione corisponde nello Zodiaco Lunare all’arco che va retrogradatamente da 6°40’ dei Gemelli a 23°20’ del Toro.
(77)     Cfr. il nostro art.cit. alla 39.
(78)     Parp., op.cit., x
(79)     Op.cit., x
(80)     H.Mode, L’India antica- Primato, Torino 19xx (ed.or. Xx), tav.xx.
(81)    G.Acerbi, I dieci Avatar e la mitologia induista- Hera (A.XII, N°122), mar. 2010, p.45/ col.b.
(82)  L’Astrologia è scoperta se la si ritiene di origine divina, è inventata se le si attribuiscono origini umane.
(83)     Ibid. come alla 69.
(84)    Ciò viene contestato da Parpola e da altri, che lo fanno cominciare in Aldebaràn (Rohiṇī).  Ed, onestamente, occorre aggiungere potrebbero anche essere dalla parte della ragione.  Nel senso che l’asterismo di Orione potrebbe aver funto da modello calendariale, senza avere tuttavia quella parte preponderante attribuitagli da parte di Tilak.  La nostra personale opinione, comunque, è che abbia ragione lo scrittore marathi; in quanto Orione rappresentava il Sacrificio, il Soma, e come tale era celebrato nel Veda.  Gli aspetti cosmologici per gli antichi, trattandosi d’un calendario sacrale e non civile, erano strettamente collegati al rituale; anzi, il rituale da essi diprendeva.  Non si può immaginare un calendaro svincolato dallo Yajñacakra, la Ruota Annuale dei Sacrifici.  Per quanto riguarda invece le costellazioni sorte al P.V. in precedenza (Sirio, Punarvasu), è probabile che esse abbia svolto un’azione di semplice richiamo equinoziale, senza connessioni col calendario lunare vero e proprio; che come tale, a nostro giudizio, è una creazione del Kaliyuga.


(85)     G.Acerbi, L’America e l’enigma delle Due, anzi Tre, Atlantidi- Alle pendici del Monte Meru (blog, 30-12-16), §c, p.x.
(86)     M.Kerbaker, xxxxxx



(87)     Persino il grande letterato latino P.T. Varrone associava il lat.sōl a sōlus.





Illustrazioni

1.  L.B.G. Tilak (1856-1920).
2.  G.Schlegel (1840-1903).
3.  Varahamihira (499 oppure 505-587 d.C.)
4.  Asko Parpola (1941-)



 Fig.1

 Fig.2

Fig.3


Fig.4

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